Il comunicato che il Coordinamento esteri del sindacato CONFSAL UNSA ha emesso sulla risoluzione da me presentata sulla rete dei consolati onorari, attualmente all’esame della Commissione esteri della Camera, per il tono intimidatorio e per la totale deformazione delle finalità e del merito della risoluzione, rappresenta non un contributo alla discussione ma un atto intimidatorio e un tentativo di prevaricazione che respingo con sdegno e decisione.
Non è la prima volta che questo sindacato si costruisce strumentali bersagli di comodo, privi di obiettivo fondamento, allo scopo di alimentare la sua anima profondamente corporativa, anziché cercare un costruttivo dialogo e indispensabili alleanze a tutela dei giusti diritti di lavoratori che hanno molto dato alla rete dei servizi nel mondo e molto hanno ancora da avere.
Sono anni che non ho mancato occasione per ribadire che la situazione dei servizi ai connazionali sia diventata insostenibile e che sia indispensabile affrontarla riaprendo e incrementando i concorsi per il personale, sia di ruolo che a contratto, garantendo fino in fondo i diritti a chi vi lavora e assicurando retribuzioni dignitose, soprattutto al personale a contratto.
Queste posizioni le ho ribadite, ad esempio, quando ho avuto l’onore di fare a nome dei deputati del Gruppo PD la dichiarazione favorevole di voto sulla Proposta di legge Ciprini 1027-A/R come risulta dal verbale della seduta ad essa dedicata (link). In più, proprio in occasione dell’ultima legge di bilancio è stato approvato un emendamento a mia prima firma per l’assunzione di 80 nuovi contrattisti, che per quanto ancora limitato, rappresenta un passo coerente nella giusta direzione.
Ancora, nell’incontro diretto con il Ministro Di Maio, che ho avuto dopo la formazione del nuovo governo, la prima cosa che ho chiesto è stata quella di inserire l’amministrazione all’estero e la digitalizzazione del sistema dei servizi nei progetti di riforma della pubblica amministrazione e dello sviluppo digitale che questo governo persegue, come risulta dai comunicati pubblicati nell’occasione.
Mi è ben chiaro, dunque, senza le acide e inutili lezioncine del sindacato CONFSAL UNSA, quanto complessa sia la situazione di un’adeguata riorganizzazione dei servizi consolari e quanto profonda sia la prospettiva di una riforma capace di restringere la forbice tra la severa contrazione del personale e il costante aumento della domanda di servizio da parte della comunità di cittadinanza italiana nel mondo. Così chiaro che l’ho scritto nelle premesse della stessa risoluzione.
In questo quadro articolato e, ripeto molto complesso, vi è poi la situazione della rete onoraria, che rappresenta un tassello, certamente minore, del sistema.
I consoli onorari svolgono una funzione prevista dalla normativa internazionale e dall’ordinamento italiano e lo fanno a titolo gratuito. Solo chi non conosce nulla di ciò che avviene oltre le mura degli uffici può ignorare il beneficio che essi di fatto arrecano alle comunità più emarginate e distanti dalle sedi consolari, soprattutto nei paesi di maggiore estensione.
La mia risoluzione cerca di proporre solo alcune misure di buon senso, per altro affidate all’equilibrato intervento dell’amministrazione, per fare funzionare meglio qualcosa che già esiste ed è riconosciuto dalla legge, affinché dia risultati più soddisfacenti a beneficio dei connazionali e della stessa amministrazione. Affermare, dunque, che si sta cercando di subappaltare a privati funzioni dello Stato, quando la rete onoraria da decenni sta operando in termini di sommessa complementarietà rispetto alle (inadeguate) funzioni dello Stato, sulla base delle regole da esso stabilite, è pura farneticazione. Altrettanto farneticante è poi l’affermazione che chiedere qualche risorsa in più per il sostegno di questo servizio, ripeto gratuito, significhi cambiare la natura dell’istituto, visto che già da alcuni anni, rispetto ai circa 200.000 euro previsti in bilancio, il MAECI spende da 4 a cinque volte di più facendo spostamenti interni di bilancio, con operazioni burocratiche che comportano sottrazione di risorse ad altre finalità e un nocivo ritardo nell’invio dei contributi.
Affrontare concretamente la situazione dei servizi ai connazionali all’estero, che la pandemia ha ulteriormente drammatizzato, comporterebbe uno sforzo comune e solidale di tutti i soggetti in campo, politici, sociali e istituzionali. Significherebbe abbandonare le casematte corporative e polemiche che ognuno si è costruito in modo autoreferenziale. Ma francamente non so quanta disponibilità vi sia in chi ogni giorno chiede disponibilità e sostegno agli altri e poi, nel momento del confronto, preferisce dedicarsi al cecchinaggio delle posizioni altrui, l’attività che sembra preferire.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D.
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